I surfisti condividono un rapporto indissolubile con l’oceano, una connessione profonda che ha le sue radici nell’euforia di scivolare sulle onde in un contesto marino di una bellezza unica. Nonostante ciò, la realtà di questa disciplina vede un paradosso che non può essere ignorato: i materiali e le pratiche adottate dall’industria del surf stanno minacciando la salute dell’Oceano, tanto caro ai surfisti. Come i surfisti passano da un’onda all’altra, si rendono conto di quanto sia fragile l’equilibrio tra il loro amore per il mare e le conseguenze ambientali di questo sport.
L’industria del surf, come molte altre, è alle prese con la lotta per la sostenibilità. Alcuni processi di produzione, così come le emissioni durante i trasporti e il consumo di plastica, lasciano un segno indelebile sulla salute degli ecosistemi marini. Le tavole da surf spesso contengono materiali come il poliuretano e la fibra di vetro, cui produzione contribuisce significativamente all’impronta di carbonio che l’industria ha. Le emissioni che ne risultano e l’inquinamento stanno avendo un grosso impatto sul cambiamento climatico, degradando il parco giochi dei surfsiti: l’Oceano.
Inoltre, l’uso persuasivo di plastica mono-uso nel settore del surf si somma all’enorme crisi dell’inquinamento della plastica. Le confezioni di paraffina, le bottiglie d’acqua e i contenitori di cibo trovano la loro strada per raggiungere i mari e danneggiare la vita marina, profanando l’ambiente che i surfisti considerano come sacro. Gli allettanti spot che attirano entusiasti da tutto il mondo si ritrovano a dover affrontare le conseguenze dello sviluppo costiero, che stanno portando all’erosione e alla distruzione di habitat ed ecosistemi naturali.
Tuttavia, in mezzo a queste sfide, aziende come Polyola—brand di tavole da surf sostenibili– stanno pilotando il cambio nell’industria del surf La loro dedizione per minimizzare l’impatto ambientale, a partire dai materiali che usano per poi riciclarli e conservarli, incarna l’etica del surf che racchiude in sé responsabilità e cura per l’Oceano. Polyola sta ridefinendo la connessione tra surfisti e tavole, dimostrando che l’amore per il mare può coesistere con pratiche sostenibili
Fotografia concessa da Polyola
Durante un viaggio in Portogallo sei anni fa, i founders di Polyola, Daniel Guntschnig e Aristide Schöndienst, notarono un po’ di cose che non gli andavano a genio: l’acqua era inquinata e la spiaggia coperta di rifiuti. Le terribili condizioni di quel che avrebbe dovuto essere il paradiso dei surfisti gli ha fatto realizzare che anche le loro amate tavole avevano un vuoto di sostenibilità da colmare. Dovevano trovare una soluzione. Scossi dall’esperienza, iniziarono ad analizzare i materiali di cui sono composte le tavole per capire al meglio i processi di produzione e acquisire la conoscenza necessaria per dare una svolta al settore. Le risposte le hanno trovate nelle tavole.
“Se vogliamo cambiare qualcosa su larga scala, pensammo, dovevamo trovare una soluzione scalabile che fosse applicabile all’industria intera e non solo a noi,” afferma Daniel. “La prima cosa che ci venne in mente fu di fare le tavole in legno, ma non è lo stesso. Sono bellissime, ma la produzione è super complicata” continua.
Fotografia concessa da Polyola
Una volta scartato il legno, dovevano ideare un piano che gli consentisse di combinare innovazione ed efficienza: dovevano ripensare a un nuovo modo di produrre poliuretano.
Molte idee erano sul tavolo inizialmente ma, coi giusti tempi, trovarono i partners più appropriati per sviluppare prodotti a basso input realizzati con materiale riciclato e riciclabile, provvedendo a una soluzione di fine vita per essi. Nel 2020, fondarono Polyola.